martedì 4 ottobre 2011

PROCESSO DI PERUGIA, GLI U.S.A. CI MOSTRANO IL LORO VERO VOLTO!

Ieri l'opinione pubblica italiana, o almeno di quelli italiani che non hanno una vita propria, è stata catalizzata dalla sentenza del processo di appello per l'omicidio di Meredith Kercher. Vorremmo approfittare anche noi, di questo caso di cronaca giudiziaria, per trarre alcune conclusioni, ovviamente senza entrare nei particolari della vicenda già morbosamente analizzati da tutti i media italiani e stranieri.

Il processo vedeva come imputati, Raffaele Sollecito, noto figlio di papà della "Bari bene" e la studentessa americana Amanda Knox, proprio su quest'ultima e sulle contraddizioni della sua nazione d'origine vorremmo porre l'accento.

Dall'arresto di Amanda, ragazza che rappresenta pienamente lo stereotipo della tipica figlia di una famiglia w.a.s.p., i media americani hanno cominciato una pressione psicologica sull'opinione pubblica, atta al rilascio della loro connazionale, parallelamente i politici statunitensi (ricordiamo l'interessamento personale a questa vicenda del segretario di stato Hillary Clinton) hanno sostenuto più volte la tesi dell'innocenza, destituendo di fatto le nostre istituzioni giudiziarie.

Dai network americani, l'Italia è stata dipinta come un paese retrogrado, giustizialista, al pari della Turchia del famoso film "fuga di mezzanotte", dimenticandosi di fatto che se fossimo stati in Texas, anziché in Umbria, il processo si sarebbe fermato al primo grado e la "biondina" sarebbe finita sotto le grinfie del boia, senza la possibilità di rimediare ad un eventuale errore nella fase di indagine.

Per la causa di Amanda, come dicevamo, si sono mobilitate televisioni, talk-show, gruppi di preghiera, gli è stato dedicato un film per la tv ed è in lavorazione un film di Hollywood; per la sua difesa la famiglia ha ricevuto cospicue donazioni da miliardari americani e sono stati raccolti fondi anche tra la gente comune, sfortuna vuole che nello stesso periodo nel carcere di Savannah, città della Georgia, l'afroamericano Troy Davis è stato giustiziato. Per questo ragazzo, accusato dell'omicidio di un poliziotto nel 1991 e per il quale sussistevano concrete prove di innocenza (sette testimoni su nove hanno ritrattato negli anni la loro versione iniziale) nessuno ha mosso un dito, sono stati ignorati gli appelli di Amnesty International e del Pontefice in persona. Perfino il presidente Obama, se ne guardato bene dall'intervenire, conscio del fatto che, l'opinione pubblica americana è per la maggioranza favorevole alla pena di morte e desideroso di non perdere altri volti…data la poca consistenza delle sue promesse della campagna elettorale di circa tre anni fa.

Gli U.S.A. che si ergono paladini contro le ingiustizie mondiali, e si autoproclamano ad ogni occasione terra di libertà e democrazia, mostrano in questa vicenda il loro vero volto. Un volto fatto di ingiustizie e contraddizioni e soprattutto di differenze socio-economiche.

Avremmo voluto vedere le stesse mobilitazioni della vicenda Knox per i casi, uguali/contrari che ci riguardano, come nella strage del Cermis, solo per usare un esempio, ma forse per gli Stati Uniti dell'uguaglianza, 20 morti italiani non valgono una studentessa di Seattle…

 

FORZA NUOVA CREMONA.